Le gemme e i germogli nella spagiria alchemica
Il cuore pulsante della tradizione spagirica è costituito dalla triade alchemica zolfo, mercurio e sale. Nel mondo vegetale questi principi, di carattere energetico-filosofico (non assimilabili agli elementi della chimica moderna), sono rappresentati dal corpo strutturale e minerale (sale), dagli oli essenziali che corrispondono alla ‘personalità’, alla specificità o anima della pianta (zolfo) e dalla forza vitale e di ‘animazione (mercurio).
Nella società moderna tale visione è stata soppiantata da una modalità di pensiero razionale, basata sulla separazione e frammentazione della realtà. Seguendo questa logica il botanico si occuperà della forma (sale), classificando e catalogando le piante; il farmacista si focalizzerà sulla forza curativa attraverso l’analisi ponderale dei principi attivi (mercurio); il poeta coglierà la bellezza, l’armonia, i profumi e i simboli dei vegetali (zolfo). Solo lo spagirista opererà tenendo conto di tutti questi aspetti e agendo in piena umiltà, come un semplice collaboratore della Natura, riuscirà a ricreare in laboratorio la ‘perfezione terapeutica’ racchiusa nella pianta.
Non a caso tra gli appellativi che gli alchimisti si attribuivano, vi era anche quello di agricola, cioè colui che lavora il “campo”. Un agricoltore davvero speciale che con la forza del fuoco della distillazione estrae lo zolfo (l’olio essenziale), con quella della calcinazione ricava i sali, mentre con il fuoco delicato e sottile della macerazione fermentativa ottiene il mercurio (l’alcol). I componenti così separati vengono purificati da tutto quello che può ostacolare la loro azione curativa e infine riuniti, per potenziarne gli effetti.
Questo processo di estrazione, separazione, purificazione e unione, rappresentava l’essenza della spagiria (dal greco spao, dividere, separare, e agheiro, unificare, congiungere). Il solve et coagula dei tre principi sale, mercurio, zolfo permette di ottenere un ‘fitocomplesso’ che racchiude in sé le energie vitali dell’intera pianta. Il vero scopo dello spagirista non è solo ottenere dei principi attivi, ma riuscire a estrarre “ciò che è divino”, l’archetipo vivente racchiuso nel vegetale, quello che Paracelso chiamava archeo.
Articolo di Maurizio Di Massimo su Wall Street International